Fotograffie

Progetto

Fotografia con intervento manuale

2020 – in corso

Questa serie è conseguente al progetto precedente “Invisibilio”. Infatti sono partita da foto in negativo ma questa volta ho completato le opere con dei graffi praticati sulle stampe con un chiodo.

Questa tecnica del “graffio” è ispirata allo “scratching” che consiste nel graffiare la superficie di un particolare foglio nero per far uscire il sottostante strato bianco.

Io ho agito direttamente sulla carta fotografica, in modo che la foto e i graffi coesistano, si completino e formino un’unica immagine. 

Per me il gesto del graffio ha un significato particolare. È un atto di violenza che ho deciso di rivolgere verso il foglio e non verso me stessa, contro qualcos’altro o qualcun altro. Ho incanalato tutta la mia rabbia e frustrazione in queste opere. È una violenza controllata: ogni singolo graffio è inciso sulla carta con un righello. Sono state necessarie ore di lavoro. Così facendo sono riuscita a esternare il mio disagio, spero in modo costruttivo anche se paradossalmente è un atto distruttivo, di fatto.

Questa negatività viene mediata dal risultato finale perché il fatto di scattare una foto per poi sfregiarla, completa l’opera. I due passaggi presi singolarmente non hanno un gran significato per me, ma insieme sì. Come in qualsiasi cosa c’è il bianco e il nero, la pace e la guerra. In questa serie di lavori cerco l’equilibrio tra la creazione e la distruzione.

La resa sono delle immagini molto cupe e volutamente oscure. I graffi lasciano risaltare l’anima bianca della carta sulla superficie scura. Ho scelto per la prima volta un formato grande, 70×100 cm in modo da ottenere un maggior impatto visivo. La superficie maltrattata diventa materica, come in un dipinto si vede l’intervento manuale dell’autore. In questo caso non mi interessava ottenere opere esteticamente belle ma piuttosto che riescano a comunicare il mio malessere.